Felino 01 - La parte orientale del paese e Marcandrea (già Malatacca) Felino 02 - Piazzetta Bala Felino 03 - Casa della Società operaia di mutuo soccorso e casa Cantarelli Felino 04 - Casa del Rigoletto, portineria di villa Caumont-Caìmi Felino 05 - Strada Carignano (dal 1938 via Carducci) Felino 06 - Casa Corbellini e Ada Corbellini Felino 07 - Villa Guidorossi Felino 08 - Piazza Ubaldi Felino 09 - La chiesa Felino 10 - La piazza Felino 11 - Il Cinema-Teatro Comunale Felino 12 - Il mulino Boschi Castello di Felino Casale San Michele Gatti San Michele Tiorre Barbiano Sant'Ilario Baganza
Felino 01 - La parte orientale del paese e Marcandrea (già Malatacca)
Gli scioperi agricoli del 1908 sono stati una pagina sofferta anche nella storia contadina di Felino: mezzadri, braccianti e spesati, che vivevano in abitazioni fatiscenti e malsane, con retribuzioni insufficienti, si erano visti ridurre alcune conquiste ottenute a fatica con le agitazioni della primavera dell’anno precedente e intendevano riconquistarle. Erano associati in gran parte alle Leghe della Camera del Lavoro di Parma e provincia, guidata dal sindacalista rivoluzionario Alceste de Ambris, mentre i proprietari terrieri aderivano all’Agraria, guidata in loco da Giuseppe Cortesi. A fine febbraio questi avevano proclamato la serrata, ritenendo che al tempo della mietitura i leghisti sarebbero stati in condizioni tali di disagio da accettare qualsiasi condizione, ma non fu così. In marzo e in aprile si erano susseguite provocazioni reciproche che avevano turbato l’ordine pubblico. Si arrivò così al 30 aprile, quando il sindaco Achille Branchi vietò le manifestazioni per la Festa dei lavoratori temendo disordini ulteriori. La mattina del primo maggio, da Parma, giunsero trafelate e coperte di polvere le staffette che annunciavano la proclamazione dello sciopero ad oltranza.
Iniziarono così settimane di astensione dal lavoro che indebolirono presto la condizione delle famiglie, ma videro anche episodi di bella solidarietà: a San Michele Tiorre funzionava una mensa pro scioperanti, gestita tra gli altri da Otello Scaccaglia e dai fratelli Oreste e Cipriano Delsante e i bambini delle famiglie più in difficoltà furono ospitati nelle regioni vicine, per non fiaccare la resistenza dei lavoratori. Gli agrari, per assolvere i lavori nelle fattorie, fecero arrivare crumiri (Liberi lavoratori).
Questo è il contesto in cui è maturato l’episodio raccontato nel pannello, quando la Cavalleria Regia tenta di intimidire le donne stese a terra davanti la corte Marcandrea per sostenere la lotta dei loro uomini.
Purtroppo inesorabilmente la coesione tra gli scioperanti cominciò a scemare e la protesta non portò i risultati sperati: alcuni contadini tornarono dai vecchi padroni, altri emigrarono, altri cercarono nuovi lavori, come nei cantieri della linea tranviaria Parma-Marzolara.
Il responsabile della Lega di San Michele Tiorre era Massimino Ravanetti, molto attivo nell’organizzare le proteste e tenere i contatti con la Camera del lavoro. Fu arrestato e processato a Lucca l’anno successivo: in difesa degli scioperanti andò padre Lino, che imputò le proteste all’ingiustizia delle condizioni sociali ed economiche a cui erano costretti.
Felino 03 - Casa della Società operaia di mutuo soccorso e casa Cantarelli
Il rappresentante più illustre della Società Operaia, già dall’atto della sua fondazione il 4 luglio 1869, è stato Remigio Amoretti, figlio di un “salumiere proprietario”: aveva solo ventitré anni, ma era convintamente determinato ad operare per ridurre il divario tra le classi sociali del paese non con la rivoluzione, ma con l’associazionismo. Sapeva leggere e scrivere e possedeva capacità e spirito di iniziativa, che lo portarono ad impegnarsi generosamente per alleviare le condizioni dei numerosi indigenti.
Nel 1889, vent’anni dopo la sua costituzione, il sodalizio raggiunse una discreta disponibilità finanziaria che gli consentì di provvedere alla costruzione di una propria sede. Fu così che sul terreno generosamente donato dal conte Caumont Caimi sorse la Casa della Società Operaia.
L’ampio edificio poté ospitare anche cinque aule scolastiche affittate all’Amministrazione Comunale, un teatrino dove si esibirono con successo alcune compagnie filodrammatiche locali e, nei solai, vennero alloggiate alcune famiglie di modeste condizioni.
Con l’aumento degli associati, migliorò significativamente la disponibilità di cassa e molti furono i benefici distribuiti tra gli iscritti.
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, purtroppo, molti furono richiamati alle armi e i versamenti calarono drasticamente, mentre invece si continuarono a versare le pensioni maturate.
Alla fine del conflitto, col ritorno dei sopravvissuti, si cercò di rimettere in sesto il sodalizio, ma con la svalutazione della moneta e, dal 1° luglio 1920, con l’entrata in vigore dell’obbligatorietà del versamento dei contributi all’Inps, esso cominciò a dimostrarsi superato.
Continuò tuttavia la sua attività, pur ridotta, per altri quindici anni fino a quando, alla fine del 1935, se ne deliberò lo scioglimento e la liquidazione “una tantum” delle posizioni pensionistiche.
Il Comune ne estinse le passività e ne ebbe in cambio l’edificio da adibire a finalità pubbliche.
Si optò per la sede dell’Asilo infantile e si chiamarono a gestirlo le Suore Chieppine di Parma, che iniziarono la loro attività il 16 ottobre1937.
Felino 02 - Piazzetta Bala
Ferrari Primo, detto Primèta, iscritto alle Leghe operaie, durante le tese settimane che precedettero la dichiarazione di sciopero nel maggio 1908, si rese protagonista di un discusso episodio.
Nella tarda serata di domenica 5 aprile venne alle mani col collaborazionista Odoardo Miodini in strada Sassonia e gli sferrò tre coltellate all’addome. Il ferito fu giudicato guaribile in dieci giorni, mentre lui, ricercato, fuggì in Svizzera. Contraddittorie le testimonianze: alcuni sostenevano che si fosse nascosto dietro un muretto per attaccare di sorpresa, altri dissero che era stato duramente provocato, o che si era appartato per un bisogno fisiologico.
Rientrato in Italia, aprì con l’intraprendente moglie Giovanna, un’osteria, spazio di allegre bevute e interminabili partite a carte.
Il figlio Piero, negli anni sessanta, commissionò allo scultore Mario Orlandini di San Michele la terracotta col profilo di Garibaldi e la appose sulla facciata dell’edificio di sua proprietà, ancora sede della storica osteria.
Quando il locale fu acquistato e ristrutturato dall’impresa Ollari, il bassorilievo fu tolto.
Il 14 marzo 2011 Antonio Ollari ha provveduto a ricollocarlo nel posto originale; il 17 marzo, in occasione del centocinquantesimo anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, è stato organizzato un convegno con la partecipazione degli storici Roberto Spocci e Pietro Calzolari.
Felino 04 - Casa del Rigoletto, portineria di villa Caumont-Caìmi
Il podere a sud del paese, acquistato dalla famiglia Caimi nel 1831, era appartenuto nella seconda metà del Seicento al conte Paolo Camillo Baiardi, che aveva deciso, come consuetudine in quei tempi, di recintare la sua proprietà con un muro poderoso, che si vede ancora ai nostri giorni.
Il feudatario felinese dell’epoca, il marchese Orazio Lampugnani, fece di tutto per impedirglielo temendo di non poter più accedere liberamente all’acqua del Canale del Vescovo. La causa si protrasse per anni ma Baiardi, grazie anche agli importanti appoggi di cui godeva a corte, poté affermare la sua autonomia e il muro di cinta delimita ancora la proprietà che gli anziani del paese
chiamano ancora Il Recinto.
Nel 1873 fu ricostruita quasi ex novo la villa con la graziosa dépendance in stile nordico: i lavori furono eseguiti dall’impresa Lodovico Tagliavini, capomastro locale con capacità tecniche non comuni.
Nel 1875 Henry Caumont decise di spostare di una ventina di metri la strada per San Michele, che sino ad allora rasentava il retro della villa. Per questo, col consenso del Comune, acquistò il terreno necessario dall’adiacente proprietà Guidorossi.
Grande passione egli mise nella cura dell’esteso parco, importando molte piante rare: ancor oggi si possono ammirare alcuni esemplari di conifere provenienti dalla Sierra Nevada.
La parte collinare del parco fu destinata alla cura della vite: vista la naturale vocazione del terreno vi introdusse vitigni di Sauvignon e Sémillon, da cui ricavò un vino bianco molto apprezzato e premiato nel 1884 con la medaglia d’oro all’esposizione internazionale di Londra e, tre anni dopo, all’esposizione internazionale vinicola di Parigi.